martedì 10 giugno 2014

La porta dell'anima.

Tema complesso, quello che intendo affrontare in questo intervento. Complesso come quello dell'amore, complesso come la vita. Introduciamo il tema dell'anima. Come giustificare le sensazioni che percepiamo lungo il corso della nostra letale esistenza?
Non intendo discutere, in questa sede, dei profili della psicologia, non essendo in possesso di una sufficientemente ampia conoscenza della materia in grado da rendermi legittimato ad affrontare il tema; l'obiettivo sarà quello di analizzare il backstage del percorso dell'anima dalla nostra interiorità all'esterno, e viceversa. Inoltre, esuleremo (ovviamente) dal concetto di "anima" sostenuto dalle varie dottrine religiose, ovviamente diretto ad aumentare il numero di accoliti e quindi soggettivamente orientato. Cerchiamo di basarci su dati più concreti ed oggettivi possibili, per quanto l'anima sia un'elemento in sé astrattamente concepibile.
Dette queste premesse, ragioniamo.

L'anima è quell'elemento innato e necessariamente incatenato all'esistenza di ciascun essere vivente e ne costituisce l'elemento di differenziazione (o, talvolta, di comunione, ma mai di omologia). A sostegno di ciò, adduciamo qualche esempio:
- l'anima è senz'altro un elemento determinante nella formazione del carattere di noi esseri umani: le modalità di educazione e gli eventi incisivi dei primi anni di vita sono elementi accidentali, che hanno una ben limitata influenza sulla nostra crescita interiore. Possiamo essere cresciuti per essere forti come lupi e scaltri come volpi, ma se dentro di noi alberga l'anima da pecora o da somaro, non saremo mai all'altezza del percorso che ci è stato faticosamente spianato.
- l'anima è alla base delle nostre sensazioni di benessere e soddisfacimento fisico e/o interiore, chiamiamoli, secondo l'uso comune, "gusti personali": perché mai il noto brocardo afferma che de gustibus non est disputandum? L'uso della perifrastica non è casuale: non si devono discutere i gusti altrui, perché essi sono indissolubilmente legati alla nostra anima e sottratti al nostro soggettivo giudizio, non ci si può aspettare un comportamento contrario a quello insito nel nostro animo. Se a Tizio piace il colore rosso ed a Caio piace il colore blu, nessuno potrà condannare quest'ultimo perché il suo colore preferito è diverso da quello di Tizio.
- l'anima detta le nostre emozioni, manifesta le sensazioni che determinati eventi o circostanze suscitano nel nostro animo (termine non casualmente utilizzato). Detto ciò, la persona che si commuove dinanzi ad una scena ricca di pathos sarà non a torto accostabile all'individuo che, dinanzi alla medesima scena, reagirà russando rumorosamente.
Permettendoci una storpiatura del sopracitato brocardo, sarebbe più generalmente applicabile l'inciso "de animo non est disputandum", sì da ricomprendere ogni possibile sfaccettatura dell'interiorità umana.

Dopo questa chilometrica definizione, passiamo al prossimo quesito: come si lega, dunque, l'anima con il Creato? Domanda che, premesso quanto detto poc'anzi, potrebbe risultare di ovvia risposta. Tuttavia, integriamo.
Ognuno di noi apprezza qualcosa in ragione di ciò che quella determinata cosa ci trasmette o ci dona: a sostegno di ciò adduciamo la musica, l'arte più duttile e malleabile a disponibilità del genere umano.
Prendete un brano di musica classica, sia esso un notturno di Chopin od una messa di Mozart, e fatelo ascoltare a dieci persone diverse: ognuna di esse vi proferirà un'interpretazione diversa. Questo perché l'innata anima di ciascuno guida i nostri pensieri e le nostre emozioni verso una determinata strada di ragionamento su ciò che la vita ci presenta.
E se invece prendessimo dei brani musicali contenenti un testo scritto dall'autore o da altrui? Difficilmente potrà compiersi il medesimo percorso di interpretazione, e questo perché? Le parole scritte dall'autore del testo contaminano la musica con il lascito della sua anima, e ciò rende il brano incompatibile con l'anima di ciascuno dei destinatari della canzone, perché quella musica accostata a quel determinato testo susciterà le sensazioni percepite dall'autore solo nei confronti di quest'ultimo, e difficilmente queste saranno omologhe a quelle percepite da un casuale ascoltatore, corrompendone la purezza.

Immaginiamo la nostra interiorità come una grande biblioteca, ricca di gusti e di sensazioni, di esperienze ed eventi. Chiudiamo a chiave questa stanza con una porta di vetro, e diamo a questo uscio il nome di "anima":
- la resistenza dell'uscio dipenderà dalla debolezza o dalla forza d'animo del soggetto;
- il vetro sarà o più o meno opaco a seconda del grado di apatia dell'individuo.
Ma ci sarà una chiave per aprire questa interiorità ed accedere ai suoi tesori, per disperderli nel mondo ed accumularne di nuovi? Certamente sì, una di queste è proprio la sopracitata musica (la musica, invero, ne possiede addirittura 7, di chiavi) insieme a tutto ciò che è in grado di risvegliare il nostro intelletto ed a lasciarci andare ai tragitti percorsi dal nostro animo.

Chiudiamo l'intervento rispondendo ad un ultimo quesito: le bestie sono in possesso di un'anima?
Avviamo l'analisi del tema introducendo la nota teoria di Duncan MacDougall sul "peso dell'anima" equivalente a 21 grammi. Per sintetizzare, costui poneva i pazienti la cui morte era imminente (i casi furono 6) su di una bilancia, e rilevava un calo di peso medio di 21 grammi nel momento in cui sopraggiungeva il decesso (in realtà i risultati furono molto variabili, con improvvisi cali ed aumenti di peso e con un solo caso di perdita di peso pari a 21 grammi). Costui, a sostegno di questa fantomatica teoria priva di alcuna prova scientifica, avrebbe provato il medesimo esperimento su 15 cani, e giustificò la mancata variazione di peso adducendo la dottrina cristiana (ebbene sì, anche qui mette lo zampino!) per cui le bestie non hanno anima.
La tesi addotta dall'insigne medico è accoglibile? Dal punto di vista scientifico, decisamente no; dal punto di vista teorico-filosofico, è sbagliato attribuire alle bestie un'essenza tipicamente umana?
Secondo chi vi scrive, è possibile rilevare prove relativamente "tangibili" sull'esistenza di un'anima bestiale: l'istinto di difesa di un cane rivolto alla proprietà dei propri padroni, la madre che difende i propri piccoli dalle minacce dei predatori, oppure pensiamo all'ilare immagine del cane che "accompagna" col canto il padrone che suona il pianoforte, lanciandosi in guaiti e lamenti degni della Scala di Milano.
Prove di certo opinabili, ma il tema dell'anima è labile per definizione. Lasciamo che sia l'uomo ed il suo duttile ingegno a scoprire i segreti ed i meccanismi di quanto la Natura ci ha lasciato.

A. G.

Nessun commento:

Posta un commento